L’immigrato al contrario
Ho freddo, sono stanco, ho sonno e mal di schiena, la mia famiglia e gli amici di una vita sono lontanissimi, ma sono felice. E sono a Licata.
Da quando ho aperto il mio blog, quasi tre anni fa, è la seconda volta che mi sento qualcosa che non è il blocco dello scrittore perché non sono uno scrittore, ma che comunque ci va vicino. E anche l’altra volta c’entrava Licata, da cui ero appena tornato.
Ecco, solo che ora sono tornato qui, e non per una vacanza. A tempo indeterminato, in senso strettamente letterale. Come dico a tutti quelli che, come recita una spilletta che mi sono appuntato al petto, mi chiedono “ma co mingia tu fa fari?”, sono qui finché posso, e finché posso resto qui.
Non so, mi sembra in qualche modo “volgare” scrivere un post per spiegare perché mi sono trasferito in Sicilia, e precisamente a Licata: a chi può interessare?
Non sono un cervello in fuga, non lascio Torino perché non c’è né lavoro né speranza, non vado dall’altra parte del mondo, non mi trasferisco per amore di una donna, non torno nella terra d’origine della mia famiglia, non vado in una città simile a quella in cui sono nato e cresciuto, non vado a imparare una nuova lingua… O meglio, questo forse in parte sì, ma tanto ho già capito che potrò anche imparare a capire i vecchi viddrani, ma non riuscirò mai a pronunciare correttamente la parola viddrani. Né ddrocu, né siddria, forse ho qualche speranza per nautri e vautri.
Va be’, ma comunque non sono qui per recuperare l’Erasmus mancato ai tempi dell’università. Se proprio a qualcuno può interessare la lettura di questo post, sono qui per essere felice, sempre finché posso.
Sono qui per svegliarmi ed essere inevitabilmente accecato dal sole quando apro la finestra, ma anche per addormentarmi con il rumore del mare mosso che sembra quasi arrivare in casa al Pisciotto.
Sono qui per gli arancini, i cannoli, la carne arrustuta, il pesce, il caffè, il pane, la broscia con la granita, la Coca Cola con la scritta “Talìa stu prezzu” e per tutti i profumi che arrivano da case e ristoranti, strade e bar.
Sono qui per farmi il bagno al mare ad aprile, maggio e giugno senza dover fare code in autostrada e pranzi in ristoranti liguri (con tutto il rispetto).
Sono qui per continuare a fare il mio lavoro per Marketingdelterritorio.info, per dimostrare che posso essere operativo anche a 1400 chilometri di distanza e per sperare di andare avanti con un rinnovo del contratto (se no vado alla Juve a parametro zero come Pirlo, Pogba e Llorente).
Sono qui per Nino, il mio fratello licatese, e per la sua famiglia.
Sono qui per Radio Battente, un progetto in cui credo oltre ogni limite concepibile, e che presto vedrà il mio debutto da conduttore radiofonico principale dopo una serie di intemerate nella rassegna stampa e in tre quarti del palinsesto.
E ovviamente, proprio come ad agosto scorso, sono qui per loro: i licatesi. Gli amici della Radio, quelli dell’American Bar, quelli del Corridoio e tutti gli altri che ho conosciuto e che continuo a conoscere ogni giorno.
“Lui è di Torino, si è trasferito a Licata” c’è sempre qualcuno che mi presenta così, con un sorriso, di solito definendomi “immigrato al contrario”
“Ma co mingia tu fa fari?” anche quando non me lo chiedono, glielo leggo negli occhi.
A loro, agli amici torinesi e, come in tv, “a tutti quelli che mi conoscono”, spero di aver risposto una volta per tutte. Sono troppo pigro per ripetermi, e d’ora in poi voglio appuntarmi su questo blog cosa si prova a fare l’immigrato al contrario senza dover fare ogni volta il riassunto delle puntate precedenti.
Ho freddo perché in questo appartamento, ma forse anche in questa città, le case (migliori) sono costruite per tenere lontano il caldo.
Sono stanco perché come ogni giorno ho lavorato, anche se ieri sono rimasto a guardare le stelle fino a tardi.
Sento la mia famiglia tutti i giorni, e diciamolo: con Facebook e balle varie, di sicuro non ci si perde di vista facilmente. O, citando una canzone che piace molto a Nino, “chi non muore si ripete, chi non vuole non si vede più”.
Quindi sì, anche se non so cosa farò tra qualche mese (“è così complicatoooo” dice un’altra canzone che passiamo spesso in radio), anche se ancora non mi sono tuffato in mare, e (quindi) anche se il mal di schiena continua ad accompagnarmi quasi costantemente, sono felice. E resto qui, finché posso, a fare l’immigrato al contrario.
Senza rancore, cara Torino.
(Già che ci sono, dedico questo post – anche – a quattro amici torinesi che mi hanno sostenuto e capito dal primo all’ultimo momento in questa sorta di remake personale di Benvenuti al Sud. Grazie a Nico, Sere, Gianfry e Zizzi)
E già che ci siete: Tutto l’amore che c’è a Licata